sabato 31 dicembre 2011

giovedì 29 dicembre 2011

marciate, non marcite..


Nel suo “Riempitivo” pubblicato su “il Foglio” di ieri Pietrangelo Buttafuoco, pungente come al solito, scrive: “Texas, vestito da Babbo Natale assassina amici e parenti: sette vittime (…) L’assassino si è suicidato. Rinvenuti a casa sua adesivi con la scritta X-Mas. Trattasi di un chiaro riferimento alla famigerata Decima Mas. S’indaga nell’ambiente dell’estremismo neofascista. Messaggio dell’Italia dei Valori. Convocazione dei presidii democratici. Chiesta la chiusura di Casapound”.
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da riflettere.
L’episodio consumatosi a Firenze è già nel dimenticatoio, tuttavia siamo stati tutti testimoni della consueta carrellata di condanne unanimi e bipartisan nonché dello sdegno della società civile tramutatosi in (legittime, per carità!) manifestazioni di solidarietà.
Ricchi premi e cotillon.
Poi la “politica” è passata ad occuparsi d’altro e la società civile si è recata nei supermercati per la spesa di Natale.
In altri termini chi doveva speculare su quelle morti, ritagliandosi il suo ulteriore quarto d’ora di celebrità, ha adempiuto il suo alto compito e poi via verso nuovi palcoscenici.
Svanita la cortina di fumo della propaganda sono rimasti solo granelli di cenere sulla strada dell’indifferenza e dell’insipienza culturale.
Dunque le solite, sorde, considerazioni: il velinismo per cui bisogna essere “a tutti i costi” davanti ad una telecamera fa pari con la pochezza intellettuale di chi deve assolutamente dire la sua.
E più banale è il concetto (l’esasperazione della semplificazione è un orrido mostro del modernismo: lo speak easy ci ucciderà?) più il quisque de populo si eccita, applaude, annuisce sentendosi sullo stesso livello del suo “dotto” interlocutore.
Non meravigliamoci, allora, se nel nostro paese la panacea di tutti i mali è nella chiusura di Casapound.


(www.paginaprima.it)

martedì 13 dicembre 2011

carosello..

the2sens informa e scambia cioccolatini..


il sito ufficiale della
sarà on line dalle ore 20:00 (circa) del 14 dicembre 2011.





lunedì 5 dicembre 2011

muoiono per delle idee. ma di morte lenta.


è fin troppo facile, quasi un esercizio retorico plastico e senza intoppi, muovere obiezioni a quanto accaduto lo scorso primo dicembre a roma.
ma andiamo con ordine. le parole chiave del nostro trattare sono: università statale di roma, oscar giannino, uova, pomodori. e una spolverata di idiozia.
la cronaca è nota e non è questa la sede per riassumerla. e poi non conta.
come non contano, o forse conteranno solo alla fine, i coloriti epiteti dei contestatori nei confronti del giornalista.
quel che importa è la morale della favola che ci è stata raccontata.
la supremazia del pensiero unico (il loro) ha dato nuova linfa al ritornello, già sperimentato in occasione del mancato discorso di benedetto XVI all’inaugurazione dell’anno accademico 2008 de “la sapienza”, della inossidabile convinzione per cui la verità è da un “lato” (sempre il loro) e non può essere altrimenti.
perciò non si dolgano quei signori se la loro “impressione di libertà” è talmente sbilenca da avvalorare e rendere più autentica e sincera la definizione di libertà di un uomo politico italiano che, pur tra i “vinti” del dopoguerra, ci ha insegnato che ogni qual volta un pensiero e/o un sentimento sono condivisi da una comunità, pure piccola, di persone lì è la piena libertà di poterli esternare.
eppure dobbiam ancora ascoltare patetici slogan che riecheggiano ormai afoni nelle nostre orecchie distratte e che mi sembra attestino solo l’incessante stagnazione intellettuale di chi si ritiene sensibile a certo “progresso”: se dio è morto, marx si starà rivoltando nella tomba!

lunedì 28 novembre 2011

l'apprezzamento del martirio





("..mi avevano convinto e la mia musa insolente, abiurando i suoi errori, aderì alla loro fede. dicendomi peraltro in separata sede: moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta..")

mercoledì 16 novembre 2011

gauche caviar..

sono seccato.
sono seccato perchè ho un problema, facilmente risolvibile per carità, ma sono comunque seccato.
come quasi tutti anche io sono su feisbuc, anche se ormai non posto nulla sulla mia bacheca dal 18 agosto scorso, e l'utilizzo attuale è ridotto a questioni di semplificazione organizzativa (o, confesso, per fare becero umorismo cameratesco).
da quando berlusconi non è più presidente del consiglio è stato un noioso susseguirsi di cerimoniali e festeggiamenti. 
poi è arrivato monti e coloro che -in nome dell'utilizzo intelligente del social network (come insegna un altrettanto noioso panzone che abita un locale palazzo di città)- si sono autonominati ideali conservatori del buon senso e indefessi cultori del pensiero libero, giusto e dominante (il loro), hanno invaso le loro bacheche con arguti assiomi politici che fotografano, di fatto, la loro umana miseria!
donde una considerazione: il pensiero politicamente corretto è la disgrazia di molte cose, forse tutte, specie quando si accompagna ad una semplificazione della complessa weltanschauung sottesa a taluni meccanismi di cui si discetta con rara barbarie.
quindi una conclusione: quando impareremo a stare zitti, o per lo meno a fare un pò più di silenzio, forse allora -quando una voce si leverà più forte rispetto alle altre- avremo la reale capacità di ascoltare. avremo la nostra rivoluzione nobile. depurata dalle infezioni tipiche del nostro occidente malato.

giovedì 10 novembre 2011

breaking newz..

++napolitano fa senatore a vita un cavallo++

++the2sens: "contrario ad un governo stalla. monti il cavallo, ma non sai se ti salta l'ostacolo"++

++bruno vespa: "cazzo, mi tocca cambiare il titolo del mio prossimo libro!"++

++topolino: "buon dio, dov'è la mia birra?"++

lunedì 31 ottobre 2011

noia tetra


leggo a casaccio un pò di titoli di quotidiani online.
le dichiarazioni di ingroia.
il ritrovamento del cadavere del volontario in liguria.
sacconi pronostica un ritorno al terrorismo.
le ultime parole di steve jobs.
ma liberazione supera tutti.
foto di renzi (il sindaco di firenze, per intenderci). titolo: “ecco l’uomo che la destra ci invidia”.
(c’è un sacco di gente che la destra dovrebbe invidiare e nonostante tutto sono ancora lì).
ora, io non so chi sia ancora oggi di destra e possa invidiare un ragazzotto con un’irritante slang fiorentino, ma una cosa è certa: effettivamente si avverte una certa stanchezza nell’ascoltare i soliti pagliacci di governo.

per quanto mi riguarda, infine, il toscano può avere un solo fine: essere fumato!

sabato 29 ottobre 2011

guasto al treno..


si, è accaduto parecchie volte.
non ricordo esattamente dove, però devo aver scritto qualcosa.
qualcosa che però non ho mai ritenuto opportuno far leggere. mancava il profumo che avrebbe reso tutto più vivo.
poi ho fatto passare troppo tempo. 
e quando mi è stato restituito ero troppo occupato a contemplarlo. sino a congelarlo nel vagone di un treno in una notte inflessibile.

("..we’ll sit for days talk about things/important to us like whatever/well defuse bombs walk marathons/and take on whatever together..").

venerdì 21 ottobre 2011

no, mi pare di non avere alcuna voglia!



(la direzione si dissocia dagli slogan femministi presenti in questo post e declina ogni responsabilità per eventuali e conseguenti reazioni).

martedì 18 ottobre 2011

epilogo prima della premessa.

"ma la fine del racconto non ha una morale, niente di speciale o da farti sembrare tutta questa crudeltà un'abitudine.."

(segue indignazione, poi)

venerdì 14 ottobre 2011

la cattiva strada

una cattiva memoria induce molto spesso a perdere qualcosa.
salvo poi ritrovarla molti anni dopo.
ma la cattiva memoria, in realtà, ancora più spesso risulta essere il sacrificio che cela (maldestramente) il reale motivo per cui tendiamo a perdere le cose.
questo motivo riposa nell'incuria e nella sbadataggine.
qualcun'altro ben potrebbe replicare che la vera ragione risiede nel fatto che, quando perdiamo qualcosa, probabilmente significa che non era poi così importante.
anche ciò potrebbe avere un fondo di verità.
e tutto potenzialmente potrebbe essere vero (ma non per questo giusto, ovviamente).
questione di punti di vista!
 

mercoledì 28 settembre 2011

la legge dell'uomo, della storia e di dio

vi è mai capitato di chiedervi chi sia, cosa faccia, come viva, una persona che ha composto il vostro numero di telefono per errore cercando qualcuno o qualcosa che non siete voi?
io me lo chiedo ogni volta.

ecco, per la professione che svolgo, devo sempre capire (o sforzarmi di capire) se chi è dall'altra parte della scrivania mi sta mentendo o mi sta dicendo la verità.
o, ancora, se sta cercando di addolcire la sua bugia oppure se sta distorcendo la verità. 

è notorio, diciamo anche dogmatico, che lo scopo del processo (di ogni tipo di processo) è quello di ricercare la verità.
e solitamente si afferma che il giusto deve necessariamente accompagnarsi al vero (e viceversa).
ma se scindiamo l'oggettività di una simile osservazione dalla realtà è facile arrivare a conclusioni opposte.
perchè a volte può capitare che il giusto non si accompagni al vero e che il vero non si accompagni al giusto. e ciò per le più svariate motivazioni.

mi si può replicare che, però, ciò non muta la sostanza.
cioè quel che non è vero resta non vero e quindi ingiusto (e viceversa).
ma dinanzi alla legge -quella dell'uomo o quella della storia- io sarò nel giusto.
immacolato.

che poi dinanzi alla legge di dio il vero resta vero e si accompagna sempre al giusto è un'altra storia. altrettanto opinabile.
come opinabile può essere il giusto.


venerdì 23 settembre 2011

acconciatura hitleriana..

come dice quella canzone?
'this is what you'll get when you mess with us.."

la situazione è questa: tutto quanto ho avuto modo di scrivere su questo spazio, ogni polemica, ogni frase rigonfia di rabbia o ridondante perfido sarcasmo.
ogni goccia di tensione.
ogni attimo vissuto.
tutto quanto qui confermo e nego.

avrò il mio scalpo.
e poi davvero il resto.

(i've given all i can - it's not enough - i've given all i can - but we're still on the payroll)

mercoledì 31 agosto 2011

venerdì 26 agosto 2011

del senno di poi

c'era scritto sul foglio bianco lasciato distrattamente sulla scrivania:

"notai l'attimo di felicità
un sorriso meno tirato e più allentato
gli occhi meno scuri
o forse era solo l'estate"

gli avevo sempre detto di chiudere la porta a chiave, pensai.
poi infilai il cappotto e lasciai gli uffici per perdermi nella nebbia gelida di quell'inverno che sembrava non finire mai.

martedì 19 luglio 2011

memorandum per il 19.07

"La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità..." - Paolo Borsellino

giovedì 14 luglio 2011

anziani che parlano della caduta di contador al tour in un assolato tardo pomeriggio di paese..

l'estate scivola sbadatamente ora tra mille crucci ora con eccezionali stati di pigrizia.
soffro molto il caldo e quindi non ho particolare entusiasmo verso questo periodo climatico.
ma nemmeno mi auguro che volga rapidamente al suo termine.
certo, in giornate come questa -in cui bari (e il meridione in generale) scotta come acciaio rovente- è piacevole cercare refrigerio (piuttosto che nell'aria condizionata e piuttosto che in una giornata di mare) nelle numerose maledizioni lanciate a quelle fredde giornate invernali, magari ritmate dalla cadenza della pioggia.
in un modo o nell'altro è il corso della storia che ha ragione, quindi occorre portare pazienza e aspettare che il prossimo telegiornale annunci un ribasso delle temperature.
intanto noi sottoscritti approfittiamo di un afoso pomeriggio in studio per bearci dell'attuale stato di pigrizia che ci costringe e che, tuttavia, benediciamo!
già, questi giorni ci sembra di impazzire e andare fuori di senno, capita di pensare male una cosa e farne distrattamente un'altra (con ogni nefasta conseguenza in ordine alla nostra sanità mentale proiettata verso l'esterno) oppure di eccellere nella già riconosciuta arte dell'oblio (dimenticare cose, dimenticare nomi, dimenticare appuntamenti, dimenticare regole, dimenticare maniere).
ma la nostra fortuna è che chi ci gravita intorno, amici comprensivi e amorevoli, riesce a rendere meno devastante questa nostra disgrazia umana e farne invece un lodevole punto di forza da incorniciare nel perimetro delle "caratteristiche personali".
il guaio è che talvolta in questa disgrazia ci sguazziamo. ma, non ce ne voglia il buon dio, in perfetta buonafede!

la morale di questo post è quindi facile da ricavare: non avendo uno straccio di idea, con la testa che esplode tra bolle di aria rovente, occorre comunque esercitarsi nell'uso della parola (scritta) con il pur biasimevole fine di non voler dire nulla.

circostanza, quest'ultima, che nell'attuale nostro medioevo non è poi così malvagia.

lunedì 4 luglio 2011

la val di susa spara, la polizia risponde..

mi sembrava molto strano, se non incredibile, che demagogia-grillo non andasse a strombettare i suoi deliri in val di susa.
ed infatti eccolo lì a difendere i gruppi no tav dando il via libera all'ennesimo polverone italiano sulla nozione e definizione di "eroi", con tanto di 'precisazione' (tipica di chi parla a vanvera nonchè di berlusconiana memoria) e condanna alle violenze dei black-bloc.
ora, che questi quattro imbecilli vadano a sfasciarsi di mazzate con la polizia a me non fa alcun effetto. però quando poi uno di questi imbecilli si trova con il cranio aperto all'ospedale ecco che, venendo meno al "patto d'onore" di chi affronta la piazza (da una parte all'altra della barricata), inizia a frignare e piagnucolare di quanto sia violenta ed autoritaria la polizia.
poichè gente più in gamba di me ha avuto modo (si era a genova qualche anno fa) di straparlare su quanto accade nelle piazze ed il buon vecchio kossiga (pace all'anima sua) ha osato dire quello che molti pensano, svelando alla fin fine il classico segreto di pulcinella (cui però gli italiani fingono sempre di stupirsi come se fossero nati ieri), allora io me ne sbatto le palle e voto l'ordine ad ogni costo.
ne consegue che all'attivista bolognese che su iutùb si lamenta della nuova bolzaneta, io domanderei: "tu perchè eri nel mezzo degli scontri?".
poi le versioni dei facinorosi nelle stanze di sicurezza vanno prese sempre con le pinze.
per il resto, gli scontri ben vengano, danno il sapore vero della democrazia.
ma senza dimenticare la lezione di pasolini.
  


venerdì 1 luglio 2011

a caldo di idee.


..abbiate pazienza!

giovedì 9 giugno 2011

andreottide (parte prima di)

massimo fini non ha tutti i torti.
certo, la sua condivisibile tesi sulla democrazia può essere tacciata di eccessivo antimodernismo, ma d'altronde l'antimodernismo è la sua stella cometa.
il comunitarismo (sin troppo localizzato) che è alla base del ragionamento finiano non fa una piega, ma -per essere avvertito come possibile- necessita di grandi trasformazioni sociali ed economiche o,più semplicemente, di un urto repentino che assomigli (di fatto) ad una catastrofe naturale.
non so come andrà a finire, ma certamente se il modello democratico originario (l'unico possibile, al di là delle utopie sinistrorse) dovesse tornare con prepotenza, beh, ben venga.
poi, a monte, si pone la questione della potenziale dittatura democratica: una maggioranza non fa primavera. ed una minoranza scontenta potrebbe far più danni di una grandinata.
a valle, invece, l'equilibrio delle lobbies.
mi sta salendo il mal di testa. la finisco qui.

lunedì 16 maggio 2011

mentre la notte scendeva (stellata, stellata)..

aveva una sua tesi.
piuttosto accettabile.
diceva: "non sono dio. non voglio privarlo di un primato, non voglio essere perfetto".
io non avevo nulla da obiettare. ero troppo concentrato sui miei bicchieri (mai mezzi vuoti, ma nemmeno mezzi pieni).
mi limitavo a fare il tifo per lui, con un pacifico silenzio. in quei frangenti non avevo voglia di pensare.
magari lo facevo il giorno dopo.
e pensavo che il talento non fosse tutto.
però poi il cerchio si chiudeva e arrivava la notte, il solito tavolo, la solita processione di leccapiedi che osannava il suo vate ed io ero sempre troppo sbronzo per dire che si sbagliavano.





(the2sens, 2011, tutti i diritti riservati)

giovedì 12 maggio 2011

la soglia dei pazzi

che si superi la soglia o meno, una cosa è certa.
il fottuto pazzo che spara sul pubblico m'insegna ancora oggi che gli errori sono sempre gli stessi.
ciò conferma la tesi della ciclicità della storia.
non solo.
conferma anche che la ribellione ha i suoi falsi profeti, rinnegati sull'altare del comune buon senso!
e mi sento utilmente divertito (magari un pò seccato)

martedì 19 aprile 2011

lass das licht an

dalla finestra si sentiva una canzone allegra che sembrava parlare di disuguaglianza e a me non importava.
charlie era riverso sul pavimento e si lamentava perchè aveva il fegato a pezzi e aveva bisogno di una doccia.
jack aveva finito la benzedrina e non aveva voglia di andare per strada a cercarne altra. d'altronde come biasimarlo, i fuochi di tangeri erano ormai spenti da tempo.
hermann era giunto trafelato dalla stazione e impallidì nell'assistere a quello spettacolo di desolazione, ma per fortuna gli rimanevano i suoi giochi con il mattone. lasciò la valigia sulla poltrona e scappò via senza salutare.
a quel punto mi sembrò di essere rimasto solo. volsi lo sguardo alle montagne e intesi che i miei studi dovevano finire lì.
era buio e si distinguevano appena le fioche insegne dei locali, mi rimaneva appena il tempo di raccogliere la mia poca roba e infilarla in un borsone che aveva visto tempi migliori.
non mi era mai capitato di avere un forte desiderio di lasciare la città. mi avviai verso la porta dando un ultimo sguardo ai segni della baldoria della sera precedente.
accennai un sorriso che sapeva di pura gioia mista ad un senso di irregolare ed ingiustificata inquietudine.
quando scattò la serratura della porta rimasi per qualche secondo immobile ed in silenzio.
mi sembrò di percepire solo la voce di charlie. "lass das licht an".
ma non potevo esserne certo.
sgattaiolai tra i vicoli stretti del borgo verso la fermata dell'autobus.
non prima di fermarmi da fabrice per l'ultimo bicchiere. sempre come se non ci fosse un domani.

mercoledì 23 marzo 2011

non piangete per me..

l'europa ha aperto la sua nuova gara di democrazia.
i paesi (sulla carta) più autorevoli (germania, francia, italia, la spagna e, seppur fuori la c.e., il regno unito) stanno mettendo in scena un siparietto già visto.
il conflitto libico sta proponendo il bis della folle corsa alla competizione più sterile del "prodotto democratico": la libertà di espressione.
quella che -a voler essere buoni- cela l'indecisione, s'intende!
e così abbiamo una germania fuori dai giochi, una francia interventista-autonomista, una spagna silente, un regno unito armato ma con moderazione e la solita italietta che, dopo esser salita sul carro dell'ormai ex leader libico (ora improvvisamente sanguinario dittatore), cerca di scendervi (un passo alla volta) nascondendosi dietro un "si, ma..." frutto di imbarazzanti strategie di politica estera.

(come sembrano lontani i tempi in cui si parlava male dei dicasteri d'alema e/o fini!)

adesso che, a quanto pare, "l'ombrello" salvatutti della nato sembra coprire e legittimare gli attacchi militari, ci si aspetta un'apparente calma della geopolitca europea.
almeno sino alla prossima aggressione autorizzata.
almeno sino alla prossima "smoking gun" che testimonierà ancora una volta che la comunità europea politicamente non esiste.
forse è per questo che dalla dizione "unione europea" si è passati alla più agevole ed accomondante definizione di "comunità".

in altre parole, e cito, "non piangete per me, sono già morto.."!

venerdì 18 marzo 2011

unitarietà #3

("lei sfogliava i suoi ricordi, le sue istantanee, i suoi tabù...")

c'è sempre stato un problema sul fare gli italiani, brava gente, e l'ha ben spiegato montanelli.
siamo un popolo brillante, furbo, ingegnoso, adattabile.
ma al tempo stesso possiamo essere meschini, viscidi, cavillosi, camaleontici.
siamo un melting pot di culture e saperi frutto di dominazioni che, mi pare di capire, hanno infuso nella nostra convinzione il fatto di dover salire sempre e comunque sul carro del vincitore.

(la nobiltà del risorgimento cozza con le scure nubi dell'occupazione militare dei savoia nel meridione?)

nel paese dei revisionismi ad orologeria, degli scandali addomesticati e dei misteri affascinanti, non deve stupire se nel mondo siamo meglio noti anche come poeti, santi e navigatori.
del resto, confesso anche che, sull'unità d'italia, non ho nulla da dire, se non un senso di inadeguatezza.

("guarda il muro e si guarda le mani..")

mercoledì 16 marzo 2011

unitarietà #2



"...ogni volta che colpisce una stella chiude gli occhi e si mette a sognare!"

martedì 15 marzo 2011

unitarietà #1



(the2sensperlunita)

venerdì 18 febbraio 2011

(check your people, check your camp...check your camp, check your people!)

stanotte ho fatto un sogno.
non ne ricordo esattamente il contenuto, ma sono certo di averlo fatto.
mi sono rimaste impresse solo delle scene sfumate e dei dialoghi ormai distorti nella mia testa.
sono altrettanto quasi sicuro che non sia la prima volta che faccio questo sogno o, forse, si tratta di un deja vù all'inverso.
sta di fatto che ho provato un senso di tristezza al mio risveglio, come se volessi che quel sogno nn si fosse mai realizzato.
ora tutto ciò sembra non avere alcun senso (lo vedremo). mi spiego.
accade, o perlomeno può accadere, di avere una certa considerazione (o conoscenza, chiamiamola come meglio ci piace) di una persona o di una cosa o di un lavoro o di che diamine vogliamo.
poi capiamo di aver sbagliato "impressione" e interpretiamo il "nuovo segno" alla luce di fattori che prima non potevamo nemmeno immaginare o ipotizzare.
ma questo è il meno.
ho detto qualche rigo sopra: come se volessi che quel sogno nn si fosse mai realizzato.
ciò sembrerebbe non aver senso. e difatti non riesco a capire nemmeno io cosa intendo dire.
ed infatti logica vuole che si dovrebbe desiderare la realizzazione di un sogno.
al contrario non si desidera la concretizzazione di un incubo.
ora, come la mettiamo con l'avvenimento di un fatto che si è poi trasformato in sogno?
mi pare evidente che sto cercando di arrampicarmi sugli specchi.
non lo nego.
ma lo faccio cercando di darmi una risposta.
mettiamola così: forse non c'è una risposta.
qualche anno fa mi capitò di parlare con una persona circa "le risposte" e la loro "tempistica".
il sunto del dialogo può essere qui sintetizzato con un verbo: aspetterò.
magari fra un pò di tempo quel sogno si farà più chiaro, le voci più delicate e avrò il senso pieno delle mie sensazioni, consapevole del fatto che, molto probabilmente, mi sbagliavo e quella "tristezza", in realtà, avrebbe dovuto essere "felicità".
se fino a quel momento questo blog esisterà ancora, avrete notizie.
altrimenti potrete leggere questo post come tanti altri qui presenti e sintetizzare il tutto nella massima: "considero questa lista come fosse un foglio di carta: appallottolare e cestinare".
appallottolare e cestinare!

(ho omesso di premettere che questi giorni non sono stato molto bene. e quando sto poco bene mi capita di avere notti piuttosto disturbate. ma non penso sia strano e probabilmente non ha nulla a che fare con tutto ciò).

mercoledì 9 febbraio 2011

staccare la spina..

non sapevo che luttazzi avesse inciso un album nel 2005 (ma scritto negli anni '70); "money for dope" è il nome del disco e della canzone finale, dedicata ad una sua amica morta per overdose...malinconica e triste, ma davvero molto bella.

giovedì 3 febbraio 2011

(senza titolo)

longanesi disse che le rivoluzioni iniziano per strada e finiscono a tavola.
un modo italico di intendere ciò che orwell, nove anni più tardi, ribadì in uno dei suoi più famosi libri (1984): "non si stabilisce una dittatura nell'intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell'intento di stabilire una dittatura".
in questo miasma di puzze filtrate dal sistema democratico mi pare evidente che non c'è scampo.
ma di questo parleremo un'altra volta.
in questi giorni non riesco a pensare, come se qualcosa di indefinito mi pesasse sulla testa suggerendomi di assopire la mente per rivolgere la mia attenzione altrove (e senza nemmeno aver tutti i torti!).

la mia rivoluzione è iniziata per strada tanti anni fa e adesso mi tocca constatare che, effettivamente, sta finendo a tavola tra un bicchiere di vino e una conversazione leggera sugli ultimi accadimenti nostrani.
sterile. anemica. livida.
mi sembra di aver già affondato le mani nel terreno  alla ricerca di queste "radici del male" e non posso non ammettere che il nodo della cravatta tende a stringersi.

(risolvi l'indovinello)

proprio qualche giorno fa mi è capitato tra le mani un cd che acquistai tanti anni fa (era il 1996? 1997?) durante un concerto.
sono andato a curiosare su internet quale fine avesse fatto quel gruppo.
sciolto nel 2003, ma il suo leader è ora impegnato in un altro progetto musicale.

se dovessi ripercorrere con la mente gli ultimi 15 anni della mia vita non proverei dolore.
e le ragioni sono a monte di un pensiero che ora mi riesce difficile spiegare. o forse, più semplicemente, non c'è.

sabato 22 gennaio 2011

piove a bari, italia.

le cronache politiche degli ultimi giorni sono notevolmente noiose.
abbiamo assistito ai peggiori esempi di autoannientamento della personale dignità umana.
esempi lampanti (e sconcertanti) di bieco servilismo al potere.
non mi va di discutere sul fatto che siamo l'unico paese in cui il primo ministro è quotidianamente coinvolto da scandali di varia natura ma tuttavia riesce a mantenere le redini dell'esecutivo.
così come non credo sia utile unirmi alla voce dei moralisti di varia natura che gridano allo scandalo nonostante gli scheletri nell'armadio siano qualcosa che coinvolge tutti.
non m'importa sapere dei comportamenti discinti di alcune ragazze nè voglio giudicare l'utilizzo che fanno della propria "libertà" (e dei conseguenti profitti).
le parole resteranno inchiodate sui giornali, sui siti web, sui blog che meglio del sottoscritto riescono a diffondere opinioni e giudizi.
ognuno è libero di leggerle, rielaborarle, discuterle.
una cosa è certa: per quanto se ne parli, nulla muta.
continuiamo a nasconderci dietro il "comodo" paravento del "parlarne per prendere coscienza del degrado politico in cui tutti anneghiamo".
va bene aprire "fronti" di discussione, ma allo stesso tempo mi pare che ognuno stia ormai profetizzando il noto segreto di pulcinella.
parliamone.
ciò che resta nella storia delle umane vicende è l'azione.
l'azione, nelle strettoie democratiche, si concretizza solitamente nell'esercizio del diritto al voto. in tal caso vedremo quanto saranno ingenui o meno gli italiani.
altro al momento non è dato se non nell'ottica "voglio ma non posso" (beccatevi questa, aggiungerei, ma entrerei in una polemica, probabilmente nota ai più, che coivolgerebbe l'intero assetto democratico in cui sopravviviamo).

(intanto un diluvio ha deciso di ripulire bari, facendomi pensare che -nonostante tutto- le cicatrici restano sempre al loro posto e vederle ci aiuta solo ad evitare errori in cui puntualmente ricadiamo).

giovedì 20 gennaio 2011

sogno n. 3..

il 19 gennaio 1940 nasceva paolo borsellino...
vi ho spesso annoiato con molte cose inutili, chiacchiericcio, divagazioni fini a se stesse. ma mai con una di quelle cose cui tengo tantissimo.
lo faccio ora, riportando un testo scritto circa sei anni fa..

C’è qualcosa che non ci è dato conoscere e, ora più che mai, ci è impossibile apprenderlo pur volendolo. Fortissimamente.
Osservando i loro volti più di una volta mi sono fatto forza, mi sono dato coraggio per affrontare i miei banali problemi quotidiani di studente universitario.
Ma quel qualcosa che non mi è dato sapere mi corrode, pur nell’espressione serena e rilassata di quei volti. Nonostante gli eventi, nonostante il fardello che si erano caricati in spalla insieme ad altri pochi autonominatisi prescelti!
Caro Paolo, caro Giovanni, pur nella piena consapevolezze e trasparenza della vostra opera e attività di magistrati sempre vivo è stato un fuoco dentro di me, vivo e semplice: il vostro sorriso nella più famosa delle vostre foto scaturita da una battuta sussurrata sottovoce all’orecchio.
Siete stati restituiti alla vostra umanità! Ed ho sorriso con voi.
Vi definivano (sprezzanti) i supergiudici, gli accentratori, i professionisti, malati di protagonismo.

(è forse protagonismo amare il proprio lavoro e amare il proprio paese al punto tale di versare il proprio sangue in segno di ultimo, esasperato sacrificio?)

Fisso l’immagine su Paolo Borsellino. La sigaretta penzolante sulle labbra e l’espressione ora nervosa ora vivace di un uomo pacato, questa è la mia impressione, impressione di ragazzo innamorato e ubriaco di legalità, facinoroso nel suo “stupido” tentativo di voler bene alla propria terra. E torno ai ricordi.

Paolo Borsellino è un magistrato. Impegnato nella lotta alla mafia. Spesso ombra di Falcone ma con uguali meriti, tante volte avvocato di questi: una su tutte quando da Marsala, dove era stato trasferito, fece da controcoro subito dopo la nomina di Meli quale nuovo capo del pool antimafia (cui Falcone era il candidato più indicato).
Le sue proteste, o meglio, le sue composte osservazioni (che comunque non gli evitarono la “chiamata” dinanzi alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura) sul danno che tale nomina avrebbe provocato alle indagini condotte dal pool antimafia si sono verificate subito: spazzato via il sistema di indagine che aveva dato i frutti migliori e cioè quello di fare il processo non ai mafiosi ma alla mafia per evitare problemi di competenza giuridica, in altri parole i maxiprocessi, il lavoro si frantumò e lo stesso Borsellino, dopo l’elettrizzante esperienza a capo della Procura di Marsala che decapitò la mafia locale, ultimo superstite del quintetto che fu distrutto dalla violenza stragista mafiosa, tornato a Palermo fu inabissato di cause di poco conto, mentre cercava, d’altro canto, di lavorare il più velocemente possibile sulla strage di Capaci del 23 maggio del 1992 con uno slogan agghiacciante ma pieno di significato: “devo fare in fretta, perché adesso tocca a me!”.
È così è stato il 19 luglio dello stesso 1992, quando via D’Amelio divenne da tranquilla via soleggiata in piena estate ad un campo di battaglia dilaniato da un’esplosione che ha scosso, per la seconda volta in pochi mesi, Palermo, la Sicilia e l’Italia intera: la mafia aveva affondato l’ultimo, micidiale, colpo allo stato e ai suoi uomini migliori, quelli che Sciascia definì "i professionisti dell'antimafia" accusandoli di carrierismo: perché è da tutti far carriera nella consapevolezza di morire violentemente. Pazzesco.

Da quel giorno sono stati sprecati fiumi di parole e celebrati tanti anniversari commemorativi, fino alla recente fiction sul magistrato palermitano che, seppur genuina e certamente educativa ha tralasciato qualcosa: a mio avviso andava sottolineata più profondamente l’emotività di quegli uomini che hanno fatto immensa la giustizia italiana, l’emotività più tragica e drammatica, non erano superuomini, ma uomini che facevano il loro dovere, non erano eroi, erano persone comuni e quindi anche loro suscettibili di emozioni quali la consapevole paura del sacrificio, la pura felicità della vittoria in un processo, l’amarezza della diffidenza che li circondava nel palazzo di giustizia di Palermo, ribattezzato, a ragione, il “palazzo dei veleni”!

Io Paolo Borsellino l’ho sognato. L’ho sognato poco più di un anno fa, lo ricordo come fosse ieri. Mi alzai con le lacrime e gli occhi gonfi, arrossati. Com’era caldo l’abbraccio che ci davamo, come sembrava vero quel momento, surreale come la frase che pronunciai e ricordo ancora nitidamente: "come è strano abbracciarti, sapendo che sei morto". Poi entrambi scoppiavamo in un pianto che voleva essere uno sfogo, pieno di umanità, di forza e di coraggio.
Questo è il mio ricordo più bello del giudice che ironicamente si definiva “monarchico” al fine di dissipare ogni dubbio sulla imparzialità del suo ruolo di magistrato a norma costituzionale.
No, non poteva essere monarchico lui, lui che della Repubblica è stato paladino ed estremo baluardo come ricorda Umberto Lucentini nel suo libro su Borsellino attraverso i ricordi dei sostituti procuratori che l’hanno accompagnato durante l’avventura che Caponnetto definì “esaltante” pur se mista alla tristezza del 23 maggio e del 19 luglio.

Sono passati tredici anni dai 57 giorni che sconvolsero il nostro paese, all’epoca ero poco più che un bambino.
Si, perché quando ho conosciuto il giudice Giovanni Falcone avevo undici anni, venti giorni e una manciata di ore. Era il 24 maggio del 1992 ed ero a tavola, appena rientrato da scuola e guardavo silenziosamente in tv quel cratere infernale sull’autostrada siciliana in prossimità di Capaci devastata dall’esplosione del giorno precedente, mi domandavo cosa avesse fatto di così terribile un uomo per meritarsi quella punizione.
Il 19 luglio dello stesso anno uguale trattamento fu riservato ad un altro giudice, Paolo Borsellino.
Non mi rimase che il vecchio interrogativo di qualche settimana prima.
E quelle immagini che scorrevano sul video le ho conservate, quasi mi appartenessero...caddero nel dimenticatoio, preso dai miei giochi d’infanzia, dai miei futuri errori e mi accingevo alla mia giovinezza.

...ma sotto la cenere, il fuoco brucia!

Ricordo solo la parola che veniva collegata a quel tritolo: mafia.

In quanto italiano non potevo ignorarla, mi era nota e vicina, in un certo senso penso di averla respirata sotto la forma locale di delinquenza organizzata di personaggi più o meno noti nel mio paese dediti ad affari poco chiari, ma cosa poteva importare a me mentre calciavo un pallone con i miei amici nelle strade o scappavo insieme a loro dopo l’ennesimo vetro rotto per evitare quella che avrei conosciuto in seguito sotto il nome di “flagranza di reato”, certo si sapeva che gli autori eravamo noi, ma oltre al pallone tagliato in due da forbici o coltelli compiacenti e una ramanzina dall’anziana signora ci rimaneva l’innocente consapevolezza della nostra libertà!
Qualche anno dopo avrei imparato a chiamarla “attenuante”!

Come nei film, la frase che meglio dissipa ogni dubbio: 11 anni dopo…

Ho conosciuto la mafia per gioco, nel vero senso della parola gioco, esattamente gioco di ruolo, la cui ambientazione era negli anni 20 di una New York in pieno periodo proibizionista; preso dalla smania di interpretare al meglio il mio personaggio, andai a rispolverare dalla libreria di casa un libro che già moltissimi anni prima avevo sfogliato pigramente e imbrattato un po’ con un pennarello nero, attratto da quel mitra Thompson in copertina e dal titolo affascinante e sinistro al tempo stesso: i Gangsters...volevo apprenderne la storia, i comportamenti e i traffici e trovai invece anche un’altra cosa: la passione per un fenomeno tutto italiano e dalla geografia sterminata!
Dopo aver appreso della vita di vari capimafia, da Torrio a Gambino, attraverso i vari Anastasia, Costello, Profaci, Luciano, Genovese e Gallo mi chiesi quale fosse l’antidoto contro questo virus che aveva insanguinato le strade d’America e d’Italia...come un fulmine a ciel sereno si fece limpida nella mia mente l’autostrada sventrata a Capaci e Via D’Amelio ridotta a scenario di guerra.
Negli stessi giorni, sempre casualmente, rovistavo nella libreria alla ricerca di un libro e m’imbattei in un altro: Cose di Cosa Nostra.
Una serie di concause niente male, penso ora a mente fredda.

Dopo la passione, l’interesse!

Fino ad arrivare a questo punto, ad oggi, a questo momento in cui scrivo, fatto di letture, di ricerche e di approfondimenti; sto imparando a conoscere il “mio” Borsellino, l’uomo, il magistrato, il padre, il marito, il siciliano. Con le sue emozioni, la sua cultura, la sua fede, le sue paure, le sue lacrime, i suoi sorrisi. Ed anche le sue sigarette! Tante, troppe.
E su questo piccolo giornale prendo il mio impegno con lui: raccontarlo, raccontarvelo.
A modo mio.

lunedì 17 gennaio 2011

introduzione breve alla saga "l'egocentrismo di dio".

correva l'anno 2009 e nei primi giorni di un bollente agosto con un amico si decide di mettere su un blog.
il suo titolo è "l'egocentrismo di dio".
blog che si snoda su due semplici concetti, che trascrivo:
1) motivi del blog. citazione: <<...disse bernstein "io sono il più grande direttore al mondo, me l'ha detto dio", karajan con estrema tranquillità rispose "e quando mai te l'ho detto!"...>>. morale della favola: non nominare il nome di Dio invano!
2) conosci il tuo nemico. il blog è stato fatto in nome della legge (quella di dio e quella dell'uomo, che spesso tendono ad essere la stessa cosa). i suoi custodi, jusupov e gavrilo, racconteranno a voialtri vicende e storie di un periodo non molto lontano dal presente.
il progetto si è arenato (ne spiegherò i motivi altrove, non so quando, ma probabilmente ho iniziato a scriverli svogliatamente ieri sera).
adesso ho intenzione di riprenderlo e riportarlo all'interno di questo spazio, senza tuttavia avere la benchè minima idea di come (ri)pensarlo e mandarlo avanti.
ma una soluzione si troverà.
compresa la più facile: quella di far cadere tutto nel dimenticatoio delle cose iniziate e mai terminate.
(e non me ne voglia il buon dio).

venerdì 14 gennaio 2011

leggere è altamente nocivo..

leggendo oggi un articolo su internet ("la società depressiva" di alain de benoist) mi è tornato a mente un post scritto un pò di tempo ("piccolo manifesto del socialismo individualista") fa e meditavo sugli accadimenti dell'ultimo periodo della mia vita e sulla chiacchierata, fortunosa a dir la verità, tra il sottoscritto ed un suo parente (uno zio, giusto per intenderci) dove quest'ultimo, raccolte un pò di informazioni, ha concluso il suo discorso con una precisa esortazione "a tirar fuori i coglioni e sbatterli a terra".
e così tutto il pomeriggio, quello successivo alla chiacchierata familiare, ho pensato ad un modo per non deludere lo zio.
poi ho anche rivolto il pensiero ad una tesi oggettivamente ineccepibile: non c'è una via che porta ad aggredire la vita, ma sono i nostri comportamenti quotidiani a farlo o, perlomeno, a doverlo fare.
il che è alquanto imbarazzante data la mia natura solitamente pacifica, per non dire tendenzialmente pigra.
il che è tuttavia contrastante con la mia contemporanea abitudine di farmi venire sempre idee nuove per la testa (proprio qualche giorno fa con una persona amica abbiam buttato giù delle soluzioni per un progetto ad entrambi caro, ma questa è un'altra storia...).
volendo sommare le due cose può sembrare piuttosto facile arrivare all'ovvia soluzione e risultato per cui io sia un soggetto disturbato.
ma siccome "disturbato" non è carino, la solidarietà umana mi viene incontro appiccicandomi l'etichetta di "umorale".
io preferisco dire che mi piace divagare.
l'ho fatto.
lo sto facendo ora.
continuerò a farlo. almeno su questo spazio e, appena i miei coglioni saranno duri per il continuo sbattere a terra, vi terrò aggiornati.
nel frattempo, per consigli o reclami, potete scrivermi all'indirizzo e-mail the2sens@gmail.com.
c'è la forte possibilità che una qualsiasi delle mie plurime personalità disturbate vi risponda a suon di insulti e improperi.

domenica 9 gennaio 2011

la paura del due

che dire.
è passata ormai oltre una settimana del nuovo anno e, se vado indietro nei post, mi accorgo che il 2010 era stato aperto con un 'commento', certamente non pretenzioso, sul discorso di fine anno del presidente della repubblica.
devo dire che, mentre ascoltavo napolitano, mi è venuta alla mente la canzone di rino gaetano "aida".
mi sembrava calzante in relazione alle parole del presidente e, soprattutto, a quello che avrebbe voluto realmente dire ma, per un motivo o l'altro, ha solo accennato oppure stemperato oppure non detto affatto.
dura la vita al quirinale!
certo, personalmente ho trovato più (mi si perdoni l'ossimoro) "pacata grinta" rispetto al discorso di fine 2009, qualche bacchettata al governo è stata data (specie con riguardo alla riforma universitaria...e tutto il discorso ruotava ed era diretto innanzi tutto ai giovani) così come mi è sembrato piuttosto diplomatico il mancato (diretto) riferimento agli scontri dei "giorni caldi" (13-14-15 dicembre) se non il generico richiamo al non cadere nella trappola della violenza.
e va bene, non mi avventuro oltre per evitare le bacchettate dei miei esigui lettori!

ora, detto ciò, non so perchè ho iniziato questo post con questi brevi cenni al discorso di fine anno del presidente.
forse l'ho fatto semplicemente per una questione di "continuità" o forse semplicemente perchè avevo voglia di scrivere qualcosa.
(il secondo post dell'anno sul blog è un traguardo fondamentale! come si suol dire, non c'è due senza tre...).
nell'anno appena trascorso ho scribacchiato ben 21 interventi sul blog e il blog stesso ha avuto un'impennata di visite (alcune, sicuramente per sbaglio, addirittura dagli stati uniti...ma anche altri da un paio di paesi europei).
considerando che non mi danno l'anima nello sponsorizzare questo spazio virtuale, posso dirmi soddisfatto.

ok, fine della predica, si va avanti!

lunedì 3 gennaio 2011

23.12.2010 (true story)

bari, il ventitre dicembre duemiladieci, è una città nuvolosa e spazzata dal vento, ma al tempo stesso umida e calda.
mi presento davanti il tribunale penale, sede anche della procura della repubblica, parcheggiando ("ci metto pochi minuti" penso) sulle strisce pedonali.
un timore riverenziale mi impedisce di parcheggiare, nonostante l'ora mattutina, all'interno.
spengo il motore, guardo la mia cartellina, c'è tutto.
una volta entrato vado dritto verso l'appuntato dei carabinieri che staziona all'ingresso.
"scusi, dove posso consegnare la domanda per..." domando
"secondo piano" risponde senza farmi finire
ascensore, secondo piano.
altro carabiniere
"scusi, in quale ufficio devo depositare la domanda per il concorso..."
"oggi che giorno è?"
"ventitre dicembre"
si volta verso il muro, c'è un foglio a4 con sopra scritto che le domande vanno depositate entro il 23.12.2010
"in fondo, seconda porta, dopo la colonna"
mi trovo di fronte la seconda porta. busso. entro.
un gruppo di cancelliere e operatrici chiacchierano "come se non ci fosse un domani" (cit.)
"devo depositare la domanda..."
"prego, dalla dottoressa"
la dottoressa è cordiale e mi chiede nome e cognome
batte lettere sulla sua tastiera.
poi mi chiede la domanda, i documenti e la foto.
appone un timbro, una data e una firma.
gira il monitor verso di me. con il dito mi indica una scritta.
"domanda inviata il 21.12.2010 e consegnata il 23.12.2010, va bene?"
"va bene"
"arrivederci e buon natale"
"arrivederci, auguri"
scendo a piedi cercando già una scusa per giustificare la mia assenza nella primavera romana.
all'uscita i segni.
pezzi di intonaco sono appena crollati dalla facciata esterna del palazzo e per poco non hanno preso in pieno una signora.
un addetto si giustifica chiedondosi come possa essere accaduta una cosa del genere (mente sapendo di mentire).
volto lo sguardo e incrocio gli occhi di un noto sostituto procuratore che assiste alla scena mentre si avvia verso la porta d'ingresso.

l'interpretazione dei segni:
1) la giustizia cade a pezzi.
2) c'è gente più competente del sottoscritto.

morale dei segni:
la mattina del ventitre dicembre duemiladieci potevo dormire un altro pò e andare, taciturno e selvaggio, in studio senza proferire parola.

(tutto ciò mentre a foggia si guardano documentari sulla legalità e si contesta l'interpretazione dei segni con altra fondata su fervide fantasie)

post scriptum: il presente post non è mai stato scritto e può essere utilizzato contro chiunque sostenga il contrario.