mercoledì 14 aprile 2010

piccolo manifesto del socialismo individualista

in principio si era soliti affermare che "il lavoro nobilita l'uomo".
poi qualcun'altro ha accolto maldestramente i suoi ospiti dichiarando, drammaticamente e con effetti devastanti, che il lavoro avrebbe reso libero l'uomo.
gli eventi si sono infine rincorsi costringendo l'uomo a rivedere la sua posizione, tanto che oggi non si può non dubitare circa la palese inconsistenza ed inadeguatezza del principio espresso nel primo articolo (ma anche nei seguenti) della nostra carta costituzionale, sino ad arrivare alla seguente desolante constatazione: il lavoro rende l'uomo solo.
la società di massa, nella sua orgia di contraddittori valori premianti l'ultraindividualismo, ha reso il cittadino del mondo globale e globalizzato bestialmente egoista.
ma trattasi di egoismo spesso involontario, quindi non voluto e per molti versi sofferto, che talvolta costringe alla resa, all'incapacità di rapportarsi genuinamente ai propri "consociati".
è la disfatta del comunitarismo.
è la risoluzione per inadempimento del contratto sociale.
e così la conseguenza più ambita è l'ignoranza. ignoranza che dona apparente libertà.
ma è la libertà del nuovo schiavo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

autobiografismo

Anonimo ha detto...

Concordo pienamente; nell'asciuttezza della sintesi le gravi crisi epocali che vengono potentemente evidenziate sono due:
1) il lavoro non realizza l'uomo, ma lo aliena e lo rende schiavo; 2) la schiavitù dell'individuo, che diviene semplicemente una piccola ed insignificante rotellina nella megamacchina economica che costituisce l'intera società moderna, lo separa dai suoi simili a causa della perenne lotta per la sopravvivenza o in nome della competizione fine a se stessa. Ergo: una società fatta di atomi e non di persone che condividono un comune progetto di vita e di civiltà, cessa per ciò stesso di essere una vera società malgrado tutte le apparenze contrarie.

Il nodo centrale resta dunque il lavoro: a quali condizioni esso non aliena l'uomo, ma invece lo realizza in quanto essere libero ed intelligente? Abbiamo evidentemente perso il significato autentico dell'umana opera? Certamente sì!
Dove e come ritrovarlo? E una volta ritrovato, il potere costituito ci consentirebbe davvero di ritornare ad essere davvero artefici del nostro destino?
La risposta è certamente no.
La Modernità è una prigione.
L'inizio dalla liberazione dalle sue catene risiede nella consapevolezza della verità delle origini, e nella conseguente aspra contestazione di un modello esistenziale e sociale che conduce solo nell'abisso.