sabato 2 gennaio 2010

non ho vizi minori...

il duemiladieci inizia all'insegna di un moderatissimo discorso di fine anno interpretato da uno dei più pacati presidenti che la repubblica italiana abbia memoria.
e mentre napolitano (che si è definito, a giusta ragione, presidente di tutti gli italiani) invita eletti ed elettori a guardare con animo sereno la prossima fase politica nazionale, nelle regioni "a rischio" -cioè quelle che la prossima primavera andranno alle urne per i rinnovi di giunta e consiglio- pare che, ancora una volta, si stiano consumando lotte tra i caino ed abele di turno.
la regione più colpita dal terremoto è, paradossalmente, proprio quella che (da molti, ma non si sa chi) era stata appena qualche anno fa vista come un laboratorio politico sperimentale dopo l'elezione del (ormai) vituperato (ex) comunista nichi vendola.
la bufera che in puglia sta spazzando via la credibilità del (mai nato) partito democratico sta permettendo al suo (altrettanto inconcepito) avversario di maggioranza di stare alla finestra, nonostante quest'ultimo mi sembra essere in una situazione non tanto migliore e senza un candidato ufficiale (voci di corridoio a parte) ed in attesa di apparentarsi con l'udc di casini e io sud della poli bortone.
la sinistra, invece, di candidati (e relative grane) ne ha ben due (se non tre!).
da un lato, colui che ha dato il 'via' alle operazioni di rinnovo politico pugliese, alla ricerca della riconferma; dall'altro, colui che -presentato come 'homo novus' (o presunto tale) nell'agone politico locale, sospinto dai salotti buoni del capoluogo pugliese- è forse oggi il peggiore interprete della politica intesa come compromesso necessario disposto a nervosi braccio di ferro pur di far prevalere quella che può considerarsi la 'ragione di partito' (oh, come ci manca la 'ragion di stato' che affossò aldo moro!).



[divagazione: il partito, questa scatola ottocentesca sempre più vuota, un tempo attraversato da passionali tensioni ideologiche annodate tra loro in virtù di uno "stupendo" senso di appartenenza.
chi oggi appartiene a cosa?
antonio padellaro, direttore de "il fatto quotidiano", ha scritto lo scorso 30 dicembre che <<...in politica, l’appartenenza è la partecipazione attiva nei confronti di una comunità...>> e che questo senso di appartenenza, da (bisogna ammetterlo) sempre più radicato in certa sinistra, è tale <<...per la capacità di creare legami e passione (...). Per un’idea condivisa di solidarietà e di progresso sociale...>>.
dopo le tristi vicende dei primi anni novanta (le stesse per i quali oggi rimpiangiamo certa politica e certi uomini politici cui vorremmo dedicare piazze, giardini e strade) questo senso di appartenenza è andato via via disgregandosi per restare immutato solo nei poli estremi dell'arco costituzionale.
poi nel 1995 il movimento sociale italiano è stato archiviato per far posto ad alleanza nazionale i cui dirigenti (per favore, non chiamateli più colonnelli!) oggi occupano prestigiosi ministeri.
a distanza di tredici anni, dopo guerre intestine e scissioni, è l'estrema sinistra a deporre le armi per una scelta (in)coerente rispetto all'ormai storico asse moro-berlinguer.
ma forse sto divagando troppo].

tra i due contendenti, leggendo il giornale di oggi, si insinua l'ombra di francesco boccia.
soluzione che appare possibile stante il presunto "ritiro" del sindaco di bari (fino a quando? sino alla prossima smentita o al prossimo ripensamento? assisteremo a nuovi tentennamenti, velate minacce e giustificazioni, dico e non dico, smentite e quant'altro?) dalla corsa per lo scranno di presidente della giunta regionale pugliese.
in questa bagarre di nomi l'unico a tener duro è nichi vendola.
il suo, a mio avviso, non è un braccio di ferro con i vertici del pd pugliese, ma una posizione legittima annunciata già lo scorso novembre e che ha spiazzato il secondo maggior partito politico italiano (e poi ci spieghi di pietro perchè in puglia preferisce turarsi il naso e allearsi con l'udc).
quella del governatore uscente non può essere, come invece non ha esistato a dire emiliano, la causa della spaccatura del partito democratico.
ciò per due motivi:
1) vendola non fa parte del partito democratico, ma è leader di un movimento poltico (sinistra ecologia e libertà) che -a tutto voler concedere- può apparentarsi con il pd in vista delle elezioni regionali;
2) se il partito democratico, specie in puglia, invece di essere coeso e unito dinanzi al suo "uomo" (emiliano), si è frammentato in sostenitori ed oppositori di vendola, significa che il sindaco di bari non gode di quella fiducia che invece pretende (la famosa unanimità dell'assemblea regionale).
e se, d'altronde, lo stesso emiliano vuol far dipendere la data delle primarie (che, ormai, sembrano una possibilità remota) alla discussione, votazione e approvazione di quell'orrenda legge ad personam sulla incompatibilità elettorale -che gli permetterebbe di mantenere salda la poltrona di sindaco in caso di sconfitta (alle primarie pd e/o alle elezioni regionali)- allora significa che è perfettamente cosciente di un tremendo sgambetto (benvoluto, probabilmente, dalle parti di gallipoli).
insomma, di tornare a fare il magistrato per ora non se ne parla!

volendo tirare le fila del discorso...
la soluzione emiliano non piace a bari e non piace alla puglia.
forse piace al pdl pronto a riprendersi il palazzo della regione sulle ceneri della guerra senza quartieri in atto nel centrosinistra.
non piace certamente al consiglio comunale barese che -per accontentare i personalismi del sindaco- si vedrebbe esautorato a pochi mesi dalla sua elezione.
ma questo è un dettaglio. o meglio, dovrebbe esserlo, dato che al centro della decisione dovrebbe esserci non solo l'esigenza del partito ma anche la voce dell'elettore, del tesserato, del simpatizzante.
(la vittoria delle liste fatte in segreteria trova ancora una sua piena realizzazione).
così conclude padellaro il suo editoriale dello scorso 30 dicembre: <<...la progressiva scomparsa dell’appartenenza come collante del consenso potrebbe non essere un guaio, se costringesse i leader dell’opposizione a cambiare musica e a occuparsi dei propri elettori. Ma forse chiediamo davvero troppo>>.
probabilmente il problema è proprio in questo: la sinistra (o l'opposizione) sembra avere troppi leaders, spesso in contrasto tra loro, incapaci di dare una direzione univoca ai loro programmi, questi ultimi tutti incentrati su un ormai superato, stantio, inefficace e monotono antiberlusconismo.
io, disinteressato ai fili invisibili della politica locale e semplice osservatore (senza scopo di lucro), vorrei solo avere un motivo valido per recarmi alle urne.
ma forse chiedo davvero troppo...