martedì 19 aprile 2011

lass das licht an

dalla finestra si sentiva una canzone allegra che sembrava parlare di disuguaglianza e a me non importava.
charlie era riverso sul pavimento e si lamentava perchè aveva il fegato a pezzi e aveva bisogno di una doccia.
jack aveva finito la benzedrina e non aveva voglia di andare per strada a cercarne altra. d'altronde come biasimarlo, i fuochi di tangeri erano ormai spenti da tempo.
hermann era giunto trafelato dalla stazione e impallidì nell'assistere a quello spettacolo di desolazione, ma per fortuna gli rimanevano i suoi giochi con il mattone. lasciò la valigia sulla poltrona e scappò via senza salutare.
a quel punto mi sembrò di essere rimasto solo. volsi lo sguardo alle montagne e intesi che i miei studi dovevano finire lì.
era buio e si distinguevano appena le fioche insegne dei locali, mi rimaneva appena il tempo di raccogliere la mia poca roba e infilarla in un borsone che aveva visto tempi migliori.
non mi era mai capitato di avere un forte desiderio di lasciare la città. mi avviai verso la porta dando un ultimo sguardo ai segni della baldoria della sera precedente.
accennai un sorriso che sapeva di pura gioia mista ad un senso di irregolare ed ingiustificata inquietudine.
quando scattò la serratura della porta rimasi per qualche secondo immobile ed in silenzio.
mi sembrò di percepire solo la voce di charlie. "lass das licht an".
ma non potevo esserne certo.
sgattaiolai tra i vicoli stretti del borgo verso la fermata dell'autobus.
non prima di fermarmi da fabrice per l'ultimo bicchiere. sempre come se non ci fosse un domani.