venerdì 28 agosto 2009

portavamo le camicie aperte...

..come kurdt kobain, fino al giorno in cui soffocati da una cravatta ci siamo visti allo specchio.
pensavamo di non dover crescere mai (o di dover crepare subito) e invece l'abbiamo fatto.

abbiamo negato, abbiamo imparato, abbiamo aspettato.
abbiamo amato, abbiamo pianto, abbiamo cambiato pelle.
abbiamo odiato, abbiamo creduto, abbiamo perdonato.
non abbiamo mai pensato di far male a qualcuno nella stessa maniera in cui abbiamo sofferto per un dolore che ci ha insegnato a comprenderci (a compatirci?).

la nostra personale ed immaginaria frances farmer non ha avuto la sua rivincita su seattle semplicemente perchè noi ci siamo arresi prima?
non lo sapremo mai perchè ci siamo dimenticati di cercare la risposta ed ormai è troppo tardi.
eppure è vita!
no, senza rancore, guardare indietro non significa vedere cosa eravamo ma compredere le nostre scelte.
e se i bivi impognono scelte, un animo forte non si autoccomisera e non si piega su se stesso per confessare i suoi "se" e i suoi "ma".
la colpa non sia il rimpianto, la paura non sia di aver scelto male!

siamo ciò che siamo perchè l'abbiamo deciso noi.
per il resto, cos'altro potremmo dire? all apologies...

mercoledì 26 agosto 2009

05,45

esattamente il tempo di una canzone, il tempo per scrivere questo post...
pensando che niente può andar male se davvero non lo vogliamo.
avere la forza di reagire e al tempo stesso sentirsi deboli.
mentre il mal di testa non è dovuto a qualcosa che hai bevuto la sera prima, ma solo ai problemi che affollano i tuoi pensieri, quelli che non riesci a decifrare, gli stessi che talvolta ti hanno portato lontano durante le notti insonni, ora sembrano chiedere il conto.
come posso ripagarli? e di cosa, poi?

<<..short love with a long divorce..>>

agire nel nero della nostra anima non è male se solo si è in grado di restare estranei a quello che accade intorno, guardare altrove mentre lo sguardo meccanicamente cerca di fissare un punto che non vogliamo scorgere, come un saluto non dato, come un grazie mai detto, come un ...
e poi non c'è molto altro da dire, solo far passare altri cinque minuti, quasi sei...
come in questo momento, adesso, ora!

<<..and i'm sorry if i dissed you..>>


lunedì 24 agosto 2009

no, no e no...


no, no e no!

oggi non vi alletterò (o disgusterò) con le mie geniali ispirazioni da scrittore malriuscito e sfortunato.
oggi voglio parlare senza una ragione e senza un filo logico.

(nell'immagine: d'alema, seduto sul retro, finge disinteresse allo scontro tra bersani (sx) e franceschini (dx) durante la festa pd a genova).

per esempio, stamattina mi stavo recando a lavoro e avevo la radio sintonizzata sul grp (giornale radio parlamento per i profani).
era il momento della rassegna stampa ed ho beccato al volo l'intervista al mio squalo preferito, l'on. nicola latorre (luogotenente del reuccio con i baffetti), sull'odierno numero de 'la repubblica'.

oggetto: la festa del pd di genova.
problema: è disegnata ad hoc per franceschini e d'alema non potrà fare la premiere dame.
soluzione: non c'è perchè il problema è falso.
spiegazione: d'alema fa il broncio, si lamenta perchè non ha spazio, ma -a ben vedere- perchè dovrebbe averlo? non è candidato e si limtia nel suo gioco preferito: tenere le redini dietro il palcoscenico.

qualche stralcio dall'intervista a firma goffredo de marchis: «...E' Nicola Latorre, dalemiano di ferro, sostenitore di Pierluigi Bersani a innescarela miccia. "Ho letto il programma della festa e il quadro mi sembra chiarissimo. Ai dibattiti principali sono stati invitati solo gliuomini di Franceschini, con Tremonti, se andrà, discute Fassino che mi risulta il coordinatoredella mozione del segretario. Con Fini si confronta Franco Marini che appoggia Dario e con Schifani il duello lo farà Antonello Som, un altro franceschiniano doc. Più chiaro di così...».

no, no e no! veramente non ci è chiaro.
cioè, il pd ci ha abituato alle aspre lotte intestine che spaccia come sintomo di 'eccesso' di democraticità interna.
è il motivo per cui non sarà mai in grado di governare il paese. è il motivo per cui, finchè il plenipotenziario di gallipoli non si dedicherà all'otium, il pd sarà sempre un'arena (e nemmeno da colosseo, quanto da circo..).
la militanza, tutta fondata su un antiberlusconismo ormai logoro e fine a se stesso e che lascia intravedere solo la miopia dei dirigenti della sinistra, si è ridotta (per i 'tesserati') ad una farsa in cui le primarie rappresentano una messinscena per decidere su uomini mai nuovi, senza idee e -purtroppo- senza personalità politica (o semplici affaristi della politica).
massimo fini, gran disgraziato, forse ha ragione quando afferma che la democrazia è il governo dei mediocri, degli uomini piccoli, incapaci di essere 'statisti', bravi solo a coltivare il proprio orticello.
ma qui divaghiamo troppo. sforare nella 'filosofia' e nella genesi dei regimi democratici trasformerebbe questo post in una serie di insulti e lanci di pomodoro.

andiamo avanti nel pezzo: «..."D'Alema (povero! ndr) non sarà intervistato da solo". (...) Nelle ultime quattro feste nazionali del partito D'Alema ha sempre avuto la vetrina dei big, cioè un'intervista diretta, a voce sola, la sua. E successo a Milano (2005), a Pesaro (2006), a Bologna (2007) e persino a Firenze lo scorso anno, in piena era veltroniania, quando da festa dell'Unità l'appuntamento aveva già cambiato nome e partito di riferimento diventando la celebrazione estiva del nuovo partito democratico. Un trattamento di riguardo giustificato dalla caratura del personaggio (anche quando non aveva incarichi di partito) e dal prosaico interesse degli organizzatori: la serata con D'Alema, ma solista, riempie gli stand, i ristoranti, le pizzerie, i bar e la sala del dibattito scaldando militanti.. (...) Stavolta invece l'ex ministro degli Esteri finisce apparentemente in quello che nella boxe si chiama sottoclou, un match di contorno. Su questo argomento Latorre, mentre D'Alemna ancora veleggia a bordo di lkarus, si limita a un "no comment"...».

no, no e no!
il problema è proprio questo: che d'alema veleggia sull'ikarus, e come il personaggio mitologico, rischia di avvicinarsi troppo al sole. sappiamo tutti che l'auspicio tarderà ad avverarsi.
ma liberarsi di d'alema, per il pd, sarebbe solo un guadagno. almeno secondo me che di politica non ci mastico una parola!
anche se, oltre lui e il suo modo di intendere la politica, non sembra esserci nessuno in grado di poter prendere in mano il partito e di farlo decollare.
e, finchè la 'democrazia dei mediocri' continuerà ad essere il migliore dei sistemi possibili, non ci resta che aspettare l'arrivo di uomini (o dell'uomo?) straordinari(o).

nel frattempo, rebus sic stantibus, sull'asse maglie-gallipoli pare decidersi il futuro dell'italietta!

venerdì 21 agosto 2009

i pessimi gruppi ed i pessimi concerti cui assiste un collega..

(dialogo)

"salve, festeggio il mio bar mitsvah, mazel tov!"
"hai 39 anni..."
"e vuol dire che festeggerò il terzo..."
"perchè sei antisemita?"
"non sono antisemita e, contrariamente a quanto tu possa pensare, non ho nulla contro gli ebrei"
"tu sei uno di quei gentili che nominano sempre l'olocausto minimizzandolo"
"non è vero, non ho mai negato l'olocausto..."
"ho detto minimizzarlo, non negarlo, ti ho beccato..."
"non mi interessano le teorie dei lefabvriani nè quelle dei pompieri che gettano acqua sul fuoco...a proposito, ma quel 'gentili' lo colleghi ai 'goysh'?"
"no, lo collego a..."
"ok, ok, come non detto! non continuare? a proposito, chi è che disse che l'occidente è una civiltà superiore?"
"lo sai benissimo"
"può essere..."
"gli arabi hanno una cultura elevatissima...sono gli arabi attuali che la stanno rovinando"
"già, con tutti quesi soldi...ah, quasi dimenticavo, non ho mai conosciuto un ebreo in vita mia, come potrei odiarlo?"
"potresti farlo per partito preso come molti altri"
"che sciocchezza...sarei troppo pigro per farlo"
"appunto, come se ne conoscessi qualcuno...io penso che siano i comunisti a straparlare dell'olocausto, e non gli ebrei, per demonizzare le destre, qualunque esse siano"
"sai cos'è...tu sei anticomunista molto più di quanto io potrei, bada bene, potrei essere antisemita! cosa che, ovviamente, non sono..."
"certo, certo...ricordi come si chiamava quel tipo per cui lavoravamo all'inizio della nostra carriera?"
"si, perchè?"
"è diventato anche scrittore ed è uscito il suo ultimo libro..."
"ah si? e come si chiama 'i miei ex collaboratori sono dei fruttivendoli'?"
"no, peggio...si chiama 'la forza delle idee'..."
"caspita...mettiti addosso un maglioncino, sto passando a prenderti"
"ubbidisco".

click!

giovedì 20 agosto 2009

narke

vorrei accendermi un sigaro.
lo fisso intensamente. accanto alla ghigliottina e ai fiammiferi.
fortunatamente so resistere ai miei piccoli vizi.
per distrarmi penso all'ultimo libro che sto leggendo. si, mi sta piacendo molto. era parecchio tempo che non leggevo un buon libro. era parecchio tempo che non leggevo con entusiasmo.
il mio comodino è un cimitero di libri iniziati e mai finiti; di altri che sanno ancora di nuovo (e che sovente sfoglio tenendo il naso appiccicato alle pagine fresche); di altri che mi propongo di leggere quando i tempi saranno maturi.
ho un pessimo rapporto con i libri. la mia pseudo-cultura da autodidatta mi ha solo ricambiato il favore con scarsi risultati intellettuali.
forse ritengo la cultura una cosa talmente elitaria da credere di doverne restarne escluso in quanto volgare paria.
mi verso un bicchiere di succo di mela verde e apro il giornale di ieri.
ho sempre pensato ad un mondo in cui...no, no, meglio di no, potreste rubarmi l'idea del mio prossimo racconto, forse del mio primo romanzo.
sarebbe anche ora!
ho perso il treno una primavera di qualche anno fa, quando un amico editore aveva creduto in me e mi aveva dato un piccolo acconto per scrivergli una serie di racconti senza molte pretese.
l'idea era di pubblicarne almeno una decina.
non riuscì a completarne uno e, tra bozze e incipit, non riuscì ad arrivare a sei racconti.
pazienza! ma ringrazio il cielo che il mio amico ha trovato uno più sveglio di me e il nostro rapporto è rimasto immutato.
abbiamo sempre tacitamente pensato che quell'acconto altro non era (ed è) un prestito. un giorno, chissà, gli renderò il maltolto.
è dura rimanere felici, per questo mi sforzo di essere ottimista. pensare non costa nulla, non farlo altrettanto.
agire è una gran noia, ma con un piccolo sforzo tutto sembra essere a portata di mano.
il pregio di un ottimista non è vedere il bicchiere mezzo pieno, ma più semplicemente quello di vuotarlo e aver di che riempirlo (pur sapendo che il frigo è vuoto).
ovviamente solo la metà.

martedì 18 agosto 2009

degli incontri e delle attese (1 di ...)

Sulle prime non ci pensavo, ma la città quella sera era fantastica.
Fredda, come un animale ferito che cerca riparo, e sferzata da possenti raffiche di vento che sembravano voler sradicare ogni più salda struttura.
Camminavo rasente il muro che costeggiava un viale alberato e con la testa che mi scoppiava per qualche bicchiere di vino bevuto a casa di amici.
D’altronde erano giorni bui perciò non curavo affatto il mio mal d’inverno e non ponevo la mia malattia immaginaria in perfetto bilanciamento con i brividi di freddo che ogni tanto mi scuotevano.
Certo, era anche vero che continuavo a vestire piuttosto leggero per il periodo, ma non ho mai fatto caso al cambio delle stagioni. Ora, unico colpevole, non avevo motivo di lamentarmi.
Sentì il telefonino vibrare nella tasca sinistra dei jeans, ma non avevo voglia di tirar fuori le mani dalle tasche del cappotto, così lasciai perdere.
Se fosse importante, mi ripetevo sempre in quei casi, richiameranno.
Probabilmente era "importante" e il telefonino riprese a scuotersi pochi secondi dopo aver smesso di vibrare.
‘Dannazione’ pensai ‘sono solo a tre isolati da casa, non possono aspettare?’
Evidentemente no.
Così mi fermai e presi il telefonino.
Risposi meccanicamente senza nemmeno guardare sul display chi diavolo mi cercasse con tale inopportuna furia alle 2.45 di un gelido mattino di gennaio.
Maledizione!
Non avevo affatto voglia di far due cose contemporaneamente: voler tornare a casa e pensare alle risposte da dare alle domande che mi venivano poste nella telefonata. Cercai di farlo.
"No. Credo che al momento correre tale rischio sia opportuno. E ciò per un semplice motivo, almeno a mio modo di vedere le cose: se attendiamo che qualcun altro venga a stuzzicarci, beh, possiamo aspettare tutta una vita. Ti ricordo che politicamente sei poco più di un fantasma, quindi non credo tu abbia molte chances di rifarti".
Altre parole che non condividevano la mia risposta.
"Allora non capisco perché tu debba chiamarmi alle tre del mattino per avere risposte a domande che hai già superato con le tue assurde convinzioni e non capisco perché, sempre a quest’ora, tu pretenda da me risposte che conoscevi".
Facendo l’offeso, ho sempre pensato, si raggiunge l’obiettivo.
"No, non mi sono offeso. Volevo solo farti comprendere l’irragionevolezza dei modi, dei tempi e dei termini di questa telefonata. Ritengo che ci possano essere altri momenti per discuterne".
Ancora vociare vano.
"Si, ho notato che a tavola eri poco presente nelle conversazioni, ma ti assicuro che non ti sei perso nulla. Il sottosegretario ha dimostrato ancora una volta di essere un bravo politico, avresti potuto trarne vantaggio, invece ti arrovelli su qualcosa che ormai è data e definita. Al momento i margini di rilancio, a mio avviso, sono pochissimi, quindi per me l’unica soluzione possibile per consentire il tuo galleggiamento è venir fuori dalla situazione nella maniera di cui abbiamo già discusso ieri a pranzo: magari all’inizio non sarai compreso, non sarai capito, ma è successo così tante volte nel nostro paese, poi vedrai che daranno il tuo nome ad una strada periferica della tua città d’origine".
Poi il finale allegro andante, quello che vale tutta la telefonata.
"Certo che avranno intercettato questa chiamata, chi ti credi di essere...".
Durante la conversazione ero rimasto dov’ero, non avevo mosso altri passi verso il portone del palazzo dove abitavo.
Adesso quei tre isolati mi sembravano un’infinità di chilometri che pesavano sulle mie gambe come macigni.
Avevo imparato due lezioni:
1) il mio lavoro non è così avvincente come molti credono;
2) il telefonino va spento ad una certa ora.
Ma, in questo modo, avrei violato due norme del codice di comportamento:
1) bisogna amare il ruolo cui si è incaricati;
2) bisogna essere sempre reperibili.
Un vero irresponsabile.
(certo, i diritti dovrebbero essere riservati, ma di questi tempi...e poi, non è che sia un granchè)

lunedì 10 agosto 2009

nebbia umida & incomprensioni stradali



conrad iniziò a correre.

diciannove anni nel 1961, tre nel 1945.
conrad non sapeva dove quella rincorsa l'avrebbe portato, ma sapeva benissimo cosa avrebbe comportato. lontani gli affetti, lontana la famiglia, lontani gli amici cari.
l'apparente freddezza del suo gesto non alleviò la sua ansia, non attenuò il suo stupore, non allentò il suo dolore.
probabilmente il giovane militare continuò a guardarsi indietro, verso quel filo spinato che era l'inizio dell'equilibrio.
un equilibrio presunto, almeno sino al 1989, poi trasformatosi in un equilibrio sbilanciato.

(le immagini colpiscono l'immaginario collettivo, la propaganda fa dire loro quello che il potere vuole).

conrad non ha avuto una vita migliore, ma ha pensato di assaporarne un'altra.
quel dicianovenne impaurito saltò l'ostacolo e il mondo (parte di esso) protocollò il suo gesto etichettandolo sotto la voce "libertà".
a distanza di 48 anni io continuo ad osservare quel salto, provando a percepire quale pensiero percorreva la mente di conrad schumann. o forse non pensava affatto: è difficile pensare quando si agisce!
e se chiudo gli occhi provo a tornare a quel 15 agosto 1961, conrad salta il filo spinato e io gli sono di fronte, mi travolge e cadiamo a terra.
chiunque gli chiederebbe: "ehi amico, che stai facendo?"
io gli avrei domandato: "cosa si prova nel piroettare sui mondi?".
ma forse gli avrei fatto solo perdere l'autobus...